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La Cina beve italiano

Pubblicato: ottobre 27, 2011 in A Latere, Cronache Enoiche, Numeri
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Pollenzo (CN), 27 ottobre 2011 – “La battaglia più importante per la predominanza nel comparto vinicolo tra Italia e Francia si combatterà su suolo cinese. È nel Paese orientale che si sta giocando il destino di molte imprese francesi, presenti già da almeno un paio di decenni ma anche di aziende italiane seriamente intenzionate a conquistare una fetta del mercato del Sol Levante e il gusto dei consumatori cinesi, sfruttando il valore positivo attribuito al marchio Italia”.
Lo ha dichiarato Franco Cutrupia, presidente della Camera di Commercio Italiana in Cina, nel corso del suo intervento all’Assemblea Nazionale del Settore Vitivinicolo di Fedagri-Confcooperative, in programma oggi a Pollenzo (Cuneo).
“Il terreno per crescere è considerevole, dal momento che il consumo procapite di vino in Cina è di 1 litro all’anno – afferma Cutrupia – un valore basso se confrontato con la media mondiale (7 litri) e addirittura irrisorio paragonato a quella italiana (43 litri). Ma il tasso di crescita annuo è in forte espansione e arriva al 20%, grazie all’aumento della disponibilità di spesa e della ricerca della qualità da parte del consumatore cinese”.
I vini importati hanno generalmente una buona reputazione e occupano soprattutto il mercato medio-alto, mentre quello di fascia bassa è occupato dalle produzioni locali.
L’ostacolo maggiore è di tipo culturale: l’Italia è il quarto Paese importatore (6% quota di mercato), con una crescita del 94% nel 2011 ma la Francia occupa saldamente il primo posto con il 46% della quota di mercato, seguita dall’Australia (19%) e dal Cile (10%). “Questa classifica è figlia di una consolidata conoscenza dei marchi francesi presenti da più anni sul mercato cinese”, commenta il presidente del Settore Vitivinicolo di Fedagri-Confcooperative Adriano Orsi. “Dove però non c’è una cultura del bere, i vini sono considerati prodotti di lusso e sono apprezzati per la loro immagine e il beneficio che si crede apportino alla salute. È in questo solco che si possono inserire con successo le cantine cooperative, forti di un consolidato radicamento sul territorio e quindi capaci di trasmettere il valore immateriale dell’italianità sfruttando l’immagine positiva che i cinesi hanno del nostro Paese”.
Dall’analisi presentata da Cutrupia, è emerso che un altro fattore di successo per le cantine cooperative è rappresentato dai numerosi canali distributivi ‘on trade’, ovvero i ristoranti e locali italiani che favoriscono la vendita di vini italiani per il consumo diretto.
Il consumatore-tipo cinese è, in genere, maschio, d’età compresa tra i 25 e i 44 anni, di reddito alto e a contatto, seppur indiretto, con il mondo degli affari e con la cultura occidentale. A suo sfavore gioca il fatto che ha una scarsa conoscenza dei vini e quindi subisce un forte condizionamento da parte del locale in cui consuma, generalmente in pranzi di lavoro, in hotel o in incontri di svago. Le preferenze cinesi vanno ai vini rossi per il 67%. I luoghi in cui si consuma di più sono le grandi città della fascia orientale del Paese (Shangai 50%, Beijing 25%).

(fonte Fedagri) Barolo (Cuneo), 26 ottobre 2011 – Dal 2000 al 2010 sono andate perse, in Italia, il 15,6% delle superfici vitate che sono passate da 772.513 ettari a 651.863 ettari. Più contenuto il calo in Francia, che nello stesso periodo ha fatto registrare una contrazione del 9,6% e in Spagna (-9,4%). Questi alcuni dei dati di scenario diffusi nel corso dell’Assemblea delle cooperative vitivinicole di Fedagri in corso a Barolo, presso la Cantine Terre da Vino.

Contrazione delle superfici a vigneto, riduzione strutturale delle produzioni,  giacenze ovunque in calo, una campagna vitivinicola 2011/2012 che, attestandosi sotto la soglia dei 41 milioni di ettolitri è stata la più scarsa degli ultimi 50 anni. “Un quadro già di per sé critico – spiega Adriano Orsi, Presidente del Settore Vitivinicolo di Fedagri Confcooperative – aggravato anche da una normativa comunitaria che ha dato un forte impulso al contenimento delle produzioni, attraverso il ricorso alle estirpazioni con premio e alle misure della vendemmia verde”.

Solo nella scorsa campagna, secondo i dati Ismea presentati da Tiziana Sarnari, sono state accolte domande di estirpazioni per 9.288 ettari (in prevalenza in Puglia, Sicilia ed Emilia Romagna) che, sommate ai 22.312 delle due campagne precedenti, portano ad un totale di 31.600 ettari. “Occorre un decisivo cambio di rotta delle politiche comunitarie – ha dichiarato Orsi nel corso della sua relazione introduttiva – che finora hanno premiato la non-produzione, con misure che mirano a distruggere prodotti di qualità e all’abbandono definitivo dei vigneti. E a ciò vanno ad aggiungersi anche i quasi 13 mila ettari ‘messi a riposo’ nella sola Sicilia per via del ricorso alla vendemmia verde”.

“Il calo produttivo desta preoccupazioni – ha proseguito Orsi – perché comporta anche l’aumento dei prezzi della materia prima, i quali sono difficilmente scaricabili sul prodotto lavorato in bottiglia”.

Notizie positive vengono dall’export vitivinicolo, con una significativa progressione registrata nel primo semestre 2011, peraltro più accentuata in valore (+13%) che in volume (+8%, Dati Ismea), con l’Italia che vede consolidata la propria leadership tra i Paesi fornitori in volume, mentre resta seconda dietro la Francia in termini di valore.

 

Immagine-36Ci sono vini, ci sono grandi vini e poi ci sono vini che fanno la storia. Che restano nella memoria collettiva perché segnano svolte epocali; e non solo nell’enologia ma anche nel costume di una società. Uno di questi, anche se chiamarlo vino pare quasi riduttivo, è il Fojaneghe. Un vino trentino, anzi roveretano, che cinquant’anni fa fu il padre – paternità condivisa con il Castel San Michele dell’Istituto – della versione italiana della couvee bordolese (Cabernet, Cabernet Merlot) italiana, prima, molto prima di quella toscana: la prima bottiglia di Sassicaia comparve sul mercato nel 1968. Diciassette anni dopo la prima etichetta del blend trentino dei Conte Federico Bossi Fedrigotti. L’anniversario è stato festeggiato ieri, con un anticipo di evento riservato alla stampa di settore venerdi sera, nella tenuta della nobile famiglia roveretana. Degustazioni, dibattiti ma soprattutto celebrazione di un vino che ha rivoltato come un calzino l’enologia italiana. Nato sotto il segno dell’aristocrazia roveretana e oggi transitato nell’orbita di un grande gruppo internazionale, l’azienda agricola Masi, famosa nel mondo, e in Italia per l’Amarone. A palazzo Fedrigotti a Sacco, l’altra sera e ieri, c’era anche il suo presidente, Sandro Boscaini. Il volto immagine di questa azienda che ha contribuito al rinascimento della Valpolicella e alla diffusione nel mondo della suggestione delle colline veronesi. Ma oltre e prima dell’attualità, c’è la storia. E la storia racconta di un vino nato cinquant’anni fa dall’intuizione, ma anche dal desiderio di riscatto, allora di un giovane, e oggi di un grande vecchio, dell’enologia trentina: Leonello Letrari. Anche lui roveretano e nemmeno questo è un caso. Per anni protagonista dei successi spumantistici trentini e italiani, ma prima, alla fine degli ani quaranta, vero demiurgo di questo vino che segnò una svolta epocale nell’enologia nazionale. In un’intervista rilasciata al nostro giornale qualche settimana fa, raccontò così la nascita di questa etichetta: «In quegli anni il vino si vendeva a 150 lire, noi uscimmo con una bottiglia da 950 lire. Il Fojaneghe andò a ruba». Anche se fu bocciato dalla commissione di assaggio della Mostra dei Vini (“Vino legnoso e resinoso, vino greco”, fu l’incredibile e sorprendente verdetto), fu un successo che durò vent’anni e arrivò a sfiorare le 400 mila bottiglie. Poi arrivarono i grandi toscani con le loro rotondità più ruffiane, e l’immagine del Fojaneghe subì un appannamento. Ma la scuola, a cui anche loro si ispirarono, fu, dopo la Francia, quella roveretana del conte Federico Bossi Fedrigotti e di Leonello Letrari. A cui Sandro Boscaini ha voluto rendere omaggio con una due giorni enoica tutta roveretana.