Archivio per settembre, 2009

C’è qualcosa di essenzialmente, anche se forse inconsapevolmente, eversivo nella tematizzazione della tavola rotonda che per il secondo anno consecutivo ieri ha aperto i festeggiamenti di “Uva e dintorni”, ad Avio in Trentino: “Il senso delle donne per il vino”. Lo scorso anno appuntamento dedicato al tema della maternità. Quest’anno, con la moderazione di Federica Schir, a quello della paternità. Temi apparentemente innocui e tranquillizzanti per un rilassante pomeriggio di fine estate. Ma solo apparentemente. 20-03 Pittore delle Carnee - Menadi danzanti
Il richiamo a maternità e paternità, coniugati attorno al vino e alla coltura della vite, infatti evidenzia apertamente uno degli elementi fondativi della società occidentale: il mito di Dioniso, divinità della vite e del vino ma anche dell’ebbrezza visionaria ed eversiva e dell’irriducibile vitalismo nietzscheano. Mito importato, come del resto la coltura della vite e la cultura del vino, dall’oriente e iconizzato nella sua forma classica dal sistema culturale ellenico. Riporto qui un passo del coro delle Baccanti di Euripide: “…Lo serbava nel grembo, un giorno, la madre tra doglie di parto fatali. Poi a volo piombò il tuono di Zeus, lei lo espulse dal ventre, e schiantata dal fulmine lasciò la vita. Subito Zeus, figlio di Crono, lo accolse nella guaina segreta della sua coscia cucita con fibbie dorate, all’oscuro da Era. E lo partorì, dio cranio di toro, quando le Moire compirono il tempo, e lo coronò di corone di serpi: da allora le Menadi, nutrici di fiere, intrecciano serpenti tra i capelli…”. Concepito nel ventre di Semele, dunque, Dioniso fu partorito dalla coscia di Zeus. Genesi che racconta con stupefacente e poetica naturalezza di un mescolamento ancestrale fra maternità e paternità. Zeus, che dopo aver incenerita e uccisa con la folgore la principessa di Tebe figlia di Cadmo e madre di suo figlio, cuce con fibule d’oro l’embrione dentro la coscia per nasconderlo dalla distruttiva gelosia di Era, smette in quel momento stesso di essere maschio per diventare contemporaneamente maschio e femmina, concepitore nel suo ruolo maschile e partoriente in quello femminile: creatura ermafrodita che congiunge in sé eterno femminino ed eterno mascolino. Paternità e maternità allo stesso modo e allo stesso tempo.

A parte l’interpretazione di chi ha voluto rintracciare in questa iconizzazione della nascita di Dioniso la formalizzazione narrativa del passaggio da una società di stampo matriarcale ad una società a matrice patriarcale, a parte questo, la genesi dionisiaca a mio modo di vedere racconta piuttosto il mistero alchemico di una nascita ultraterrestre che mistericamente cela attraverso il mescolamento di genere il folle rito della vita: ordine e disordine, caos e forma, uomo e donna. Paternità e maternità, appunto. Ribaltamento eversivo del sistema ordinato delle gerarchie di sesso. Dioniso, che dopo essere stato allevato dalle zie materne, percorrerà l’Europa diffondendo la coltura della vite, nasce in questo modo, da questo mescolamento originario di maternità e paternità in cui tutto si fonde e si confonde in un unicum eversore.
E questa originazione dall’alchimia del disordine, in cui la distinzione di sesso scompare e si ricompone, quasi vissuto intimamente come peccato originale, fa capire anche la ragione per la quale nel corso dei secoli e sino ad oggi ciclicamente le società figliate dalla tragedia greca abbia coltivate relazioni profondamente ambivalenti nei confronti del vino e della suo potere d’ebbrezza e quindi di eversione: relazioni di invincibile attrazione ma anche di radicale colpevolizzazione; e ne sono la prova le ricorrenti tentazioni proibizionistiche che hanno attraversato, e come ben sappiamo attraversano ancora e forse soprattutto ora, la società occidentale. Perchè quello dionisiaco, come riconosceva Nietzsche, è elemento fondante della tragedia greca e quindi della nostra civiltà. Ma anche anima del suo OltreUomo che ricompone la suggestione mitologica della spontaneità, della naturalità e della completezza come orizzonte di una nuova umanità vitalistica destinata a soppiantare quella precedente, modellata su istituzionalizzazioni formalistiche e apollinee, sempre per usare una categoria nietzscheana; le stesse che avevano messe al bando, e mettono al bando, ebbrezza ed energetico vitalismo dionisiaco.nietzsche56.preview
La carica eversiva di una ricostruzione culturale, e non solo, piantata su queste basi è evidente e scuote per la sua forza di provocazione e di suggestione le fragili convenzioni delle società dominate dall’elemento apollineo, che hanno sempre cercato di ottundere e di depotenziare, anche attraverso strumentazioni repressive, l’alchemico e costitutivo elemento dionisiaco della civiltà occidentale. Non a caso fu proprio nella città di Tebe, città di cui Dioniso era divinità primaria, che per la prima volta furono vietati i culti e i misteri del figlio di Zeus e Semele. Del resto è nelle società istituzionalizzate e formalizzate che lo spirito dionisiaco viene ciclicamente bandito, perchè, – in quanto incarnazione del mistero della vita che come abbiamo visto mescola irriducibilmente in un unicum indistinto paternità e maternità -, grazie alla sua carica di ebbrezza visionaria è capace di sovvertire l’ordine costituito e di ribaltare, oltre le gerarchie di genere, anche le gerarchie dell’ordine formale e del potere.

Roma, 4 settembre 2009 – La prestigiosa rivista americana “Wine Enthusiast magazine” ha incluso la cantina Mezzacorona tra le cinque migliori aziende europee nella consueta classifica “Wine Star Awards” che premia tutti gli anni l’eccellenza nell’industria del vino. Il vincitore verrà annunciato durante la cerimonia di premiazione presso la New York Public Library a gennaio 2010. mezzacorona

Nella classifica delle cinque migliori cantine europee dell’anno compaiono anche Bouchard Pére et Fils (Francia), Sierra Cantabria (Spagna), The Royal Tokaji Wine Company (Ungheria) e la friulana Livio Felluga.

Il Gruppo cooperativo trentino Mezzacorona, aderente a Fedagri-Confcooperative, associa 1.500 soci viticoltori ed è il primo produttore italiano in valore di Pinot Grigio, Chardonnay, Teroldego Rotaliano, Lagrein e Traminer Aromatico, per un fatturato di 140 milioni di euro, che la colloca al quarto posto nella classifica Mediobanca 2009.

“La nomination della rivista americana – commenta il presidente di Fedagri-Confcooperative Paolo Bruni – conferma l’ottima reputazione della cooperativa e l’indiscussa qualità dei suoi 14 differenti vitigni autoctoni e internazionali. Siamo orgogliosi di questo riconoscimento ottenuto da una nostra associata, che attesta ancora una volta il successo e il gradimento oltreconfine dei vini prodotti dalle imprese cooperative”.

Le 423 cantine (con oltre 148.000 soci viticoltori) che aderiscono a Fedagri producono ogni anno 20 milioni di ettolitri di vino, quasi la metà di tutta la produzione vitivinicola italiana, che quest’anno sarà di poco inferiore a 46 milioni di ettolitri di vino, in linea con la vendemmia del 2008.

Verona, Settembre 2009 – Change Over, nulla come prima anche per il vino, per il quale occorre ridisegnarne il futuro attraverso nuovi strumenti di promozione sui mercati internazionali. E’ quanto chiede il gotha del settore, sessanta tra le migliori aziende (elenco in allegato), oltre ai vertici di Federvini e Unione Italiana Vini, riuniti a Cortina nell’ambito della 7^ edizione di Vino Vip (3/4 Settembre), promossa da Civiltà del Bere e da Veronafiere che assicura così il proprio contributo di esperienza e competenza maturate nell’organizzazione da oltre 40 anni di Vinitaly e da più di un decennio del suo World Tour. vino-bottiglie
«L’imprenditoria del settore manifatturiero italiano, del quale l’agroalimentare, con la vitivinicoltura, è leader nelle esportazioni, è chiamata a confrontarsi non solo con la difesa dell’eccellenza delle proprie produzioni, ma anche con una nuova visione del fare impresa – afferma il Presidente di Veronafiere, Ettore Riello -. Per questo, occorre ridisegnare regole diverse per i mercati a partire dalla promozione fino alla regolamentazione della finanza a livello mondiale.»
Che siamo in un momento di forte cambiamento, lo dimostra anche la politica della Ue la quale, dopo decenni di assistenzialismo, è passata dal solo sostegno alla promozione, attiva anche sui mercati extracomunitari, così come delineato dalla nuova Ocm vino.
«La promozione – sostiene Paolo Del Debbio, docente di etica ed economia allo IULM di Milano e coordinatore del dibattito ampezzano – , sarà il motore del cambiamento. Non si tratta di vendere un singolo prodotto, ma di creare un’immagine condivisa del sistema produttivo nazionale.
«Le risorse ci sono, ma non sono illimitate – continua Del Debbio –. Per questo si dovrà uscire velocemente dalla logica spartitoria che ha portato alla proliferazione di iniziative di breve respiro ed efficacia, realizzate da una miriade di enti. Meglio concentrare gli sforzi attorno a un brand di forte richiamo, con un know-how adeguato a gestire importanti iniziative promozionali».
In tale contesto, anche il sistema fieristico gioca un ruolo divenuto sempre più essenziale nell’ambito della proposizione commerciale e della costruzione dell’immagine-Paese sui mercati. E’ questa la mission di Veronafiere che, con il suo brand Vinitaly, ha sviluppato importanti progetti di affermazione internazionale del made in Italy.
«Adesso, di fronte alle nuove sfide, non ci tireremo indietro e lavoreremo per riconfermarci nel nostro ruolo di sostegno e sviluppo delle imprese sui mercati internazionali e di supporto alle istituzioni», dice Giovanni Mantovani, Direttore Generale dell’Ente.